Poco più di un anno fa ho scritto un editoriale su Ubisoft e sulla sua situazione di crisi, soprattutto creativa, esprimendomi ai tempi con moderato ottimismo pur prendendo atto delle difficoltà che stava attraversando. Siamo di nuovo qui, un anno e qualcosina più tardi, e non è cambiato assolutamente nulla da nessun punto di vista!
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Ubisoft non sta facendo passi avanti, anzi forse li sta facendo indietro
Ubisoft sta vivendo un’evidente situazione di crisi oramai da un paio d’anni, dovuta principalmente alla grossa difficoltà dei suoi titoli nel convincere appieno o, per meglio dire, nel rimanere impressi nelle menti dei videogiocatori. Ci sono stati oggettivamente pochi sprazzi per Ubisoft negli ultimi due anni e, anche in quei casi, non è mai stato nulla di eccezionale.
Pensiamo per un attimo allo stesso Mario + Rabbids Sparks of Hope, che personalmente parlando dopo delle ottime prime impressioni non mi ha fatto impazzire. Il livello di difficoltà è ben presto diventato un problema e, a parer mio, l’assenza di reward variabili in base alla prestazione del giocatore (come il finire un combattimento in tot turni o cose così) ha azzerato ogni stimolo ad impegnarsi.
Far Cry 6 non ho ancora avuto modo di giocarlo, quindi per correttezza non intendo esprimermi nello specifico, ma sembra che anche quello sia stato un titolo veramente poco memorabile. Sicuramente molto lontano dalle vette raggiunte dal 3 o anche solo dal carisma del 4 (che non era tutta questa grandissima cosa, però faceva il suo). Due titoli che sarebbero dovuti essere le navi ammiraglie di questo biennio, eppure non sono andati oltre l’essere ottimi giochi ma senza quella marcia in più.
Se poi persino un best seller costante come Just Dance, in grado non ironicamente di tenere in vita la Wii per un numero indecente di anni (inteso in senso positivo), fallisce a sua volta non rispettando realmente le aspettative di vendita (pare), ecco che Ubisoft ha ufficialmente un problema.
Ci sarebbe anche l’ennesimo rinvio di Skull & Bones ma parlarne in questa sede sarebbe girare il dito nella piaga, ma non un dito qualsiasi, un dito avvolto nella carta vetrata e con sopra sparso del sale. Quel progetto non doveva nascere da principio, era chiaro da subito, e da qui all’accanimento terapeutico il passo è breve.
Ubisoft quindi rischia, ma cosa esattamente? Di certo non il fallimento, come detto nell’editoriale dell’ultima volta non fallirà mai. A costo di chiudere il grosso degli studios secondari e di ripartire dalle fondamenta un modo lo si troverebbe, e ovviamente ci si augura non accada nulla del genere. In quei team non ci sono fantocci, ci sono delle persone con delle famiglie e rimanere a spasso, fosse anche solo per poche settimane, non sarebbe un bene per nessuno di loro.
Il rischio però è quello di rimanere intrappolati in questa pericolosa spirale, nella quale ogni progetto che viene rilasciato non va come previsto se non addirittura fallisce, portando a perdite economiche decisamente antipatiche per un’azienda del genere. Ed è una spirale perché più saranno i buchi nell’acqua e meno si avrà margine di rischio, ma se non si rischia qualcosina si rimane nello stallo creativo e quindi è un cane che si morde la coda.
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Come dissi più di un anno fa, lungi da me avere la pretesa o la presunzione di avere la verità in mano, non sono io a capo di Ubisoft e un motivo ci sarà. Noi spettatori di questa vicenda possiamo solo provare ad analizzare la situazione, possibilmente basandoci sui fatti, e i fatti dicono che la situazione è purtroppo questa al momento. Come uscirne? L’unica soluzione sembrerebbe essere rischiare davvero, fare qualcosa di diverso. Puntare come già dissi su progetti minori per sperimentare nuove formule di gioco, fare una pazzia e proporre una grossa ip inedita (per davvero), qualsiasi cosa.
Una scossa serve, serve davvero. Anche perché, come la stessa Ubisoft ci insegna, la definizione di follia è fare e rifare la stessa cosa sperando che il risultato cambi.
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