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Final Fantasy XVI: Quello che NON vi dicono

Final Fantasy 16

Final Fantasy XVI è l’ennesima dimostrazione che alcune verità sono semplicemente scomode e, come tali, spesso non vengono dette per i più svariati motivi. Perché in un mondo pieno di open world e titoli con un numero a 6 zeri di attività da fare, come quello videoludico odierno, questo sedicesimo capitolo della famosa serie di Square Enix fa l’opposto: propone un tunnel vero e proprio, con poche biforcazioni, estremamente incentrato sulla spettacolarità scenica e sulla narrativa. La domanda sorge spontanea: è un male?

Final Fantasy XVI è un tunnel, sì, ma anche un gran gioco

Prima di addentrarci nell’analisi togliamoci un grosso peso di dosso: No, Final Fantasy XVI tecnicamente non è un Rpg, ha solo elementi degli Rpg ma senza esserlo davvero. La profondità ruolistica, sia in termini di build che soprattutto in termini di scelte, è pressoché pari a zero ed è fattuale. Difatti forse si tratta del più grande difetto, si chiama Final Fantasy XVI ma più che un capitolo regolare sarebbe dovuto essere uno spin-off. Considerazioni assolutamente legittime, ma che mi sento di associare a un esempio.

Se io chiudessi gli occhi e venissi imboccato con una fetta biscottata, con la persona che mi imbocca a dirmi che sopra ci sta la marmellata, mi aspetterei che addentandola io senta la marmellata ovviamente. Cosa succederebbe se ci fosse il burro? Ovviamente rimarrei spiazzato, il mio cervello non se lo aspettava e lì per lì quasi ne sarei stranito, ma non renderebbe il burro meno buono della marmellata. Ecco, diciamo che ci è stato dato un barattolo di marmellata riempito di burro con Final Fantasy XVI, ma se si supera il disappunto iniziale si scopre che è un gran burro quello che ci hanno venduto.


Final Fantasy XVI trailer vendetta fulmini
Fonte (Square Enix)

Chi segue i miei editoriali lo sa, io le parole raramente le scelgo a caso e questa non è un’eccezione perché il burro, esattamente come Final Fantasy XVI, è buono fino a un certo punto ma dopo un po’ stucca e appesantisce. Final Fantasy XVI fa la stessa cosa inserendo tutta una serie di Side Quest completamente inutili ai fini dell’esperienza di gioco, se non per scoprire qualcosa sulla lore di mondo e personaggi, ma essendo un tunnel e con poca profondità il giocarle renderebbe stucchevole il gioco.

Avendo annusato questo scenario per tempo ho presto deciso di evitarle tutte, dalla prima all’ultima, anche perché il leveling del protagonista Clive andava serenamente di pari passo con l’aumentare della difficoltà senza farmi mai sentire il bisogno, nemmeno per un attimo, di fare cose extra per farmare exp. Risultato? La godibilità di Final Fantasy XVI ne ha giovato moltissimo, in quanto il mio approccio è stato lo stesso che avrei con un The Last of Us per esempio.

Un tunnel dalla narrazione solida e coinvolgente, con qualche chicca particolarmente ispirata e anche qualche picco di gameplay piacevole, in primis ovviamente alcune boss fight che sono ben pensate. Penso di non cadere nella blasfemia se dico che levare tutte le attività collaterali alla main quest, in Final Fantasy XVI, non avrebbe scalfito minimamente l’esperienza di gioco sotto alcun punto di vista. Tunnel è e tunnel sarebbe dovuto essere fino in fondo, e non è necessariamente un male che lo sia, anzi.

Final Fantasy 16
Fonte (Square Enix)

Non possono essere tutti open world

I videogiochi usciti successivamente al primo market crash del settore, quello innescato negli anni ’70 da Atari per intenderci, erano strutturati in un modo molto specifico. Si andava di livello in livello fino al completamento del titolo, con qualche sporadica variazione sul tema e qualche altrettanto sporadica eccezione, come The Legend of Zelda che tecnicamente è il primo vero Open World della storia per come è inteso oggi il genere.

Oggi se vogliamo la situazione si è sensibilmente ribaltata: sono sempre di meno i titoli lineari, per così dire, e sempre di più quelli che puntano a offrire un mondo di gioco grande, vario e pieno di cose da fare. Una scelta che fa salire il conteggio delle ore di gioco necessarie a completare un titolo a livelli quasi preoccupanti, e personalmente non mi dispiace che ci siano anche titoli più classici per smorzare un po’ questo trend. Un titolo come Final Fantasy XVI, solo perché è molto lineare e perché punta tutto su storia e spettacolarità, non ha meno valore di altre produzioni a priori.


Final Fantasy 16 open world
Fonte (Square Enix)

Appartiene semplicemente a un’altra tipologia di esperienza di gioco, quella un po’ più classica, ma fa semmai effetto che sia proprio Final Fantasy XVI a proporre tutto ciò dato che la serie, sin dagli albori, è sempre stata un po’ l’anti-linearità. Vanno anche dette però le cose come stanno, ossia che sono poche ormai le grandi produzioni che riempiono questa sorta di vuoto di mercato, un vuoto che va riempito perché non tutti i giocatori amano passare 100 ore a completare mondi di gioco grossi come gli Stati Uniti. Gusti che vanno rispettati tanto quanto i miei o i tuoi, a prescindere da quali siano.

Final Fantasy XVI beneficia della linearità

Ti sei mai chiesto come mai i vari The Last of Us e simili non siano open world e puntino alla linearità? Banalmente perché hanno una storia da raccontarti, e in videogiochi narrativi molto lunghi (sopra le 20-25 ore) è importante avere linearità per controllare meglio i ritmi di gioco, il rapporto tra sequenze giocabili e sequenze giocate e così via. Final Fantasy XVI ha una storia molto bella ma soprattutto una narrazione molto efficace, quindi un modo di raccontarla e un ritmo nel farlo che giocano un ruolo chiave.

Final Fantasy XVI trailer vendetta
Fonte (Square Enix)

Quando come narri qualcosa è importante tanto quanto ciò che racconti, è un po’ come il creare uno spartito e le pause sono importantissime. Le pause in questo caso sono le sequenze giocate, il gameplay, ed è anche il motivo per il quale dicevo che la presenza di Side Quest quasi danneggia il gioco. Da quando ho iniziato a ignorarle (dopo la seconda se non erro) ho notato che il gioco stesse scorrendo via con grande fluidità e senza mai stuccare, mentre giocando quelle side quest ho avvertito proprio la stucchevolezza di cui sopra. Esattamente come quando nel seguire lo spartito la pausa la allunghi troppo più del dovuto.

Final Fantasy XVI questo è: uno spartito studiato molto bene e funziona per quello che deve fare, ossia raccontare una storia nel miglior modo possibile e spezzare il ritmo nei punti giusti inserendo fasi di gameplay. Che poi il gameplay in questione sia privo di spunti interessanti sono d’accordo, è un classico action game relativamente ben bilanciato (anche se da un certo punto in poi i nemici base li spazzi via con uno schiocco di dita). Il fiore all’occhiello come detto sono le boss fight, che si fondono col climax narrativo rendendo gameplay e storia un tutt’uno nelle fasi finali di queste ultime, quasi sempre scriptate con quick time event.

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Una formula di gioco che secondo me funziona proprio perché inserita nella struttura migliore, e che forse in un mondo inutilmente open e potenzialmente dispersivo (come quello di Final Fantasy XV) avrebbe avuto addosso l’abito sbagliato. Non parliamo ovviamente del miglior gioco di sempre ma di un ottimo gioco, con una storia e dei personaggi scritti benissimo e che possono davvero far innamorare chi gioca.

Forse Square dopo il XV ha voluto giocare più safe? Può essere, e magari già dal XVII si tornerà a una struttura molto più open e Rpg, ma come detto anche in un editoriale precedente bisogna prendersi qualche rischio se si vuole diventare memorabili. Final Fantasy XVI non lo sarà, già si è smesso di parlarne praticamente, ma so anche cosa è: un ottimo videogioco, e di questi tempi non è scontato.

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Chi l'ha scritto?

Alessio Fuscà

Videogiocatore incallito da 17 anni, gioco al VGC di Pokémon dal 2017 e sono alla mia seconda qualificazione ai Mondiali di seguito. I videogiochi sono la mia passione e nella vita faccio il Game Designer come lavoro principale.